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La Storia
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Il territorio su cui sorge Strasburgo fu inizialmente occupato
dall'accampamento militare romano di Argentoratum. A partire dal IV secolo,
Strasburgo fu sede di un vescovato. Gli Alemanni nel 357, al termine di
un’aspra battaglia contro i romani, furono sconfitti da Giuliano, che
successivamente diventerà imperatore.
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Un nuovo attacco venne sferrato il 2 gennaio del 366, gli Alemanni
approfittando della superficie ghiacciata del Reno si insediarono nell'area
oggi occupata dall'Alsazia ed in una grande parte dell'attuale Svizzera. Nel
corso del V secolo la città passò dal dominio degli Alemanni a quello degli Unni
e poi dei Franchi; nell'842 fu siglato il Giuramento di Strasburgo.
Nel tardo medioevo, la città divenne un grande centro di scambi commerciali e a
partire dal 1332 fu libera dal Sacro Romano Impero con un governo autonomo. Nel
1439 fu completata la realizzazione del Duomo di Strasburgo, considerato l'edificio
più alto del mondo, superando la grande piramide di Giza.
Nel 1681, sotto il regno di Luigi XIV, la Francia annette Strasburgo grazie alla
ratifica del Trattato di Ryswick nel 1697. Non a caso l'inno nazionale francese,
"La Marsigliese", venne composto a Strasburgo il 25 aprile del 1792 da Claude Joseph
Rouget de Lisle, durante una cena organizzata dal sindaco della città, Frédéric de Dietrich.
Nel 1871, con il Trattato di Francoforte stipulato all’indomani della guerra franco-prussiana,
la città tornò ad essere parte del Reichsland di Alsazia-Lorena dell'impero germanico. Dopo
la prima guerra Mondiale, Strasburgo fu nuovamente annessa alla Francia, con la sigla nel
1919 del Trattato di Versailles e di nuovo tedesca durante gli anni della seconda guerra
mondiale, dal 1940 al 1945.
La linea del fronte tra Francia e Germania, che nei secoli ha attraversato Strasburgo e la
sua regione, ha diviso anche le comunità e le famiglie, spesso trovatesi su fronti opposti
nei diversi conflitti. Per questo il monumento cittadino ai caduti di tutte le guerre
rappresenta una madre che regge i corpi di due figli volutamente nudi, vale a dire privi
di qualsiasi divisa o insegna riconducibile ad una particolare fazione.
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